
La memoria non ha bisogno di commemorazione. Una giornata per ricordare è quasi una elemosina personale in confronto a tutto quello che non dovremmo mai dimenticare. Io continuamente mi soffermo sulle immagini che scorrono anche casualmente, e sulle foto fisso i miei occhi, ma non solo su quelle che rievocano il grande sterminio della storia studiata, ma su tutto il materiale delle violenze, persecuzioni, e discriminazioni perpetrate sulle persone che non hanno colpe, che fuggono da orrori, e di cui il mondo occupato a pensare “bene” non guarda o dimentica in fretta. La mia memoria, vaga ogni volta che vedo e leggo di qualcuno inneggiare a chi “ha fatto cose buone” , di chi emula con orgoglio gesta, mostrando simboli, emblemi, o si tatua come fossero cimeli trionfali da portare nel cuore. Allora, si, che in quel momento, ricordo, o meglio non dimentico, quel mio giugno del 2013. Un taxi, un cancello avvolto in una triste nebbia, i brividi, le lacrime. Non servono parole, serve la condanna, non serve la commemorazione di un solo giorno, ma l’ascolto di chi è andato all’inferno, ed è ritornato. Non serve solo sfogliare le pagine dei libri di storia a scuola, ma è assolutamente necessario portare i ragazzi lì, in quei luoghi e far vedere loro quel che ho visto io, far respirare la morte che ancora regna, ed esala dagli oggetti repertati. La mia memoria di quella immensa distesa di orrore spalmata sulle baracche, è come immersa in un bagno di fissaggio di una camera oscura. Un fotogramma che mi rincorre, è una montagna di scarpe dietro un vetro, ognuna appartiene a chi si è disperso nel vento avvolto da un fumo nero. Una scarpetta rossa spaiata spicca in quel monocromatico color marrone, sembra non aver voce, ma grida ugualmente a nome di tutti quei bambini che si sono trovati li e son volati senza neppure chiedersi perché.

Ecco, tutto questo mi viene in mente ogni qualvolta guardo le immagini dei bambini ai confini, al freddo, quasi senza identità per chi non vuol vedere. Ma che comunque sono lì a prova che il mondo è “crudele” ancora oggi, con situazioni diverse è vero, ma analoghe per certi aspetti. La storia è al presente, mai al passato, ci rincorre pronta a ripetersi. È dietro l’angolo, perché la storia…SIAMO NOI, con l’indifferenza quotidiana che sotto mentite spoglie, evochiamo per tradizione in una o più giornate all’occorrenza.
“Nel corso della storia, è stata l’inattività di coloro che avrebbero potuto agire; l’indifferenza di coloro che avrebbero dovuto saperlo più degli altri; il silenzio delle voci quando erano più importanti; che ha reso possibile il trionfo del male.”
Cerchiamo di ricordarlo ogni giorno !