“Siamo tutti apprendisti in un mestiere dove non si diventa mai maestri” (Ernest Hemingway)

L’altra sera sfogliavo una rivista (w il cartaceo), dove si raccontava la storia di un ragazzo arrivato in Italia dall’ India, e che senza alcun sostentamento, ma armato di coraggio e sacrificio, è riuscito a studiare quanto basta ad ottenere un lavoro. Ora è tornato al suo paese con l’intenzione di poter continuare lì la sua vita. Non ringraziava nessuno in particolare, ma la nostra nazione per avergli dato la possibilità che nel suo paese non avrebbe potuto avere. Nel leggere quella storia, mi è venuta in mente un’altra, ascoltata e che poi ho raccontato sui social come un semplice episodio, ma che mi ha commosso, e sono andato alla ricerca di quel racconto. Oggi, non so perchè, ma mi è risalita la voglia di raccontarla nuovamente, questa volta sul blog, che è il mio taccuino di viaggio…correva l’anno 2015.

“Vi sono momenti, che non sai se è meglio avere con te una fotocamera o un registratore. Un ragazzo con poco più di 20 anni, col classico zainetto in spalla, che bussa prima di entrare e chiede permesso. Poi si presenta e comincia con quello che ascolto da sempre, e cioè il tentativo di vendere i prodotti di bigiotteria del proprio paese, il Pakistan. Io preferisco offrire qualche moneta senza nulla in cambio, e da lì comincia il suo racconto, con l’espressione del suo viso che muta in espressioni di una umile felicità. Mi dice che il suo cuore non sarebbe in pace se accettasse il denaro senza darmi qualcosa, ed allora io tranquillizzandolo, chiedo solo da quanto tempo fosse qui in Italia….”Dal 2011 che sono qui, dopo aver girato tanto, ora sono a Reggio, e studio italiano, perfeziono l’inglese, e mi do da fare per poter vivere e tornare al mio paese. Cronometro il mio tempo nel mio lavoro, in quanto è prezioso come i miei “gioielli”. Mi chiede se potessi aiutarlo a capire perché il suo telefono non va su internet, e nel manovrare i vari menu applicativi, io continuo ad ascoltare lui che prosegue il suo racconto sfogliando e mostrandomi con orgoglio foto di bambini stupendi…SONO I SUOI NIPOTINI E FRATELLI, rimasti in Pakistan. Io ormai sono seduto ad ascoltare da 15 min, e vorrei che continuasse a raccontare, ma dopo avergli sbloccato la connessione, mi domanda: Come ti chiami ?? Giuseppe, ma tutti mi conoscono come Pino rispondo, e lui (letteralmente): Pino, io tra tante persone che ho visto, sei una delle più gentili e brave, hai saputo ascoltare, hai avuto pazienza e mi hai aiutato a “capire” ma ora devo andare, ho fatto solo tre negozi, e il lavoro non mi aspetta, scappa…..” A questo punto, andato via, mi è rimasto un senso di vuoto: avrei voluto registrare quel racconto per riascoltarlo, ma il vuoto più grande è non ricordare più il suo nome, o forse attratto da quelle parole, non l’ho nemmeno chiesto. Le storie belle o brutte, le incontri per caso e ti rendi conto di quel che siamo noi……………be…l’aggettivo AGGIUNGETELO VOI !”

Ecco, questo è quanto scrissi al tempo di quando lo incontrai, in seguito era ripassato salutandomi da lontano, non lo chiamai in quanto ero occupato, poi non l’ho più visto. Quel giorno, mentre lui raccontava, io gli scattai una foto, e notando un certo imbarazzo, gli chiesi se avessi potuto usarla e mi rispose di si, ma non la pubblicai. D’altronde ero più attratto dalle sue parole e dalla sua semplicità nel chiamare le cose, basta pensare che ha definito “lavoro” bussare ai negozi per qualche spicciolo. Be, quando si dice che il lavoro nobilita l’uomo, questa ne è la prova, ma purtroppo è quando questo lo rende simile alla bestia , che è il fenomeno da capire oltre che da studiare.

E’ da giorni che rovisto l’archivio, quella foto l’ho trovata e la pubblico ora, ma con misto di tristezza e gioia. La prima nel dover oggigiorno contrapporre la semplice umiltà di un ragazzo straniero, all’arroganza ed il perbenismo di alcuni adulti discriminanti italiani, la seconda per averlo conosciuto ed ascoltato, e questo mio ricordo lo considero un omaggio alla sua voglia di farsi strada. Spero stia bene ovunque si trovi.

di Pino Curtale